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Giugno 27, 2024
L’era della “Extended ART”: Verso l’integrazione fra realtà e metaverso.

Articolo pubblicato nel catalogo della mostra “L’opera d’arte nell’epoca della AI” tenutasi a Parma negli edifici storici di Palazzo Pigorini e Torrione Visconteo fra aprile e maggio 2024

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Introduzione di Stefano Lazzari

Iniziamo con un paradosso e ne troveremo parecchi nel nostro percorso nell’arte generata dalle culture nei mondi virtuali. Qual è la sottile membrana che separa una qualunque rappresentazione digitale di una forma, che sia astratta o sembiante del reale, in una rappresentazione digitale di un mondo virtuale dove tutto, dal filo d’erba alla nuvola, dalle città ai nostri stessi corpi nei quali ci rappresentiamo, gli avatar, è opera di una creatività, manufatto di un creativo?

La natura digitale di questi mondi, e qui si apre un fronte di dibattito infinito sul significato di natura che il digitale ha profondamente rimodulato, non dovrebbe essere trattata come accade normalmente come un riflesso del reale, una sorta di pantomima più o meno riuscita, un ricalco che prende a modello la realtà per riprodurla, ma piuttosto come un’alterità, un mondo verosimile ma non per questo ancillare alla realtà, che anzi lo precede, lo prefigura, ribaltando lo stereotipo di un mondo virtuale in cui si rifletta la realtà, creando un doppio del vero. Sta diventando sempre più vero il contrario: è l’immaginario che anticipa e produce la realtà, o almeno parte di una essa, in un continuo passaggio di senso fra il dominio degli atomi e quello dei byte, una dimensione ambivalente, skeumorfica, dove convivono e si mescolano frammenti di reale e di immaginario senza soluzione di continuità. E in questa unione il paradosso si scioglie, perché non si accatastano, né si sovrappongono o si rigettano, ma si armonizzano e si integrano in un nuovo e originale universo di senso e di significati perfettamente comprensibili.

Da questo processo tipico della modernità digitale sta derivano una cultura dell’immateriale che si distingue non diversamente da quello che storicamente è avvenuto in tutte le società umane, anche le più remote ed antiche, dai suoi manufatti, come sono stati modellati e decorati e da cui desumiamo un mondo simbolico identitario e, di conseguenza, come quella cultura umana interpreta e vive concretamente il mondo che la circonda.

Comprendere l’arte immateriale dei Metaversi è dunque capire quali sono le culture e le società che la creano. Nel Metaverso digitale l’arte è parte fondamentale del suo stesso esistere. Il Creator in questo universo User generated Content è socialmente di fatto parte di una upper class, l’artista è il fulcro del successo o meno della piattaforma tecnologica in cui ha preso casa la cultura umana che la popola.

Articolo di Dario Buratti

L’essere umano non è più al centro dei cambiamenti epocali a cui stiamo assistendo, ma è diventato parte di un flusso continuo di relazioni, una complessa rete di interazioni tra umani, intelligenze artificiali e macchine. Questa rete si estende dal reale al virtuale dando origine a nuove visioni della realtà e, di conseguenza, a nuovi modelli relazionali anche in campo creativo.

Questo ci permette di pensare a forme di “intelligenza collaborativa” in grado di produrre paradigmi inediti attraverso i quali reinterpretare la creatività e l’arte. Questo concetto di collaborazione espansa ci porta a riflettere sull’estensibilità della nostra realtà, della nostra identità e, di conseguenza, delle nostre potenzialità creative.

Una linea di pensiero che, a mio avviso, sarebbe interessante esplorare è quella della sperimentazione simbiotica tra diversi tipi di intelligenza, ovvero la creazione di nuclei creativi formati da umani e sistemi di intelligenza artificiale generativa in ambienti di realtà estesa (XR).

Veri e propri laboratori di idee che non cercano l’immediata comprensione o l’approvazione universale ma, piuttosto, mirano a proporre nuovi paradigmi e a diffondere lentamente le loro visioni, influenzando il tessuto sociale a livello molecolare.

Stanno nascendo nuovi nuclei, nuove élite creative e del pensiero. Vi è uno spazio, che è un spazio laboratorio che non ha più voglia, come volevano fare gli avanguardisti all’inizio del ventesimo secolo, di trascinare le masse, il loro approccio è assolutamente morbido ma distillano veleni utilissimi che poi lentamente andranno a contaminare il resto del mondo.

Questa è la mutazione più importante che sta avvenendo da vent’anni”. [Philippe Daverio]

Da parte nostra pensiamo all’arte non solo come forma espressiva ma come “ecosistema estendibile” in cui coesistono più elementi interconnessi e discipline parallele, tutti parte di un tessuto che si estende fra il reale ed il virtuale.

Così facendo l’interazione fisico/digitale si pone alla base della chimica creativa ed è per questo motivo che abbiamo pensato al concetto di “Arte Estesa”.

Il concetto di “estensibilità” è anche alla base dei miei progetti come metaverse architect, per cui le mie realizzazioni sono di fatto aperte ed espandibili.

Non sono interessato alla riproduzione o alla riproducibilità dell’architettura reale, ma alla creazione di ambienti tipicamente metaverse per i quali non esistono elementi cardine come tetti o finestre o pareti, ma strutture che danno il senso estetico dell’architettura.

L’idea di elaborare creazioni ed esperienze basate su modelli di Ai Generativa e di rappresentarle all’interno di piattaforme di realtà estesa è diventata un punto di interesse attraverso il quale proporre nuove esperienze in forma immersiva.

Personalmente, e fin dall’inizio del mio lavoro, ho sempre inteso gli spazi metaverse come “incubatori di esperienze” in cui l’ambiente, l’architettura, la profondità immersiva e l’esperienza sociale diventano il fulcro dell’intera dinamica creativa.

Entrando dunque nell’ambito della XR, ed in modo particolare della realtà virtuale, possiamo scoprire spazi creativi infiniti all’interno dei metaversi. Questi, sebbene siano sostanzialmente diversi tra loro, condividono alcune regole imprescindibili, inclusa l’importanza della figura dei “creator” e le esigenze partecipative e sociali di chi li frequenta.

L’approccio che abbiamo accettato da più di un decennio si avvicina molto a quello proposto anche dal professor Luciano Floridi, ovvero che “gli umani, nell’immaginare il futuro, non dovrebbero cercare di adattare la tecnologia al proprio immaginario ma fare l’operazione contraria”.

Dunque

Non dovremmo concepire il metaverso come una semplice replica virtuale della realtà, ma come un’estensione fluida di essa, dotata di caratteristiche autonome”.

La domanda sorge spontanea: “Come possiamo dar vita ad un processo creativo che tenga conto di quelle “caratteristiche autonome” e sviluppare nuovi ambienti artistici che siano un trait d’union fra modelli reali e virtuali?”.

Una risposta potrebbe essere “fondendo le due realtà in una sola forma ibrida”, ovvero progettando e sviluppando esperienze in Realtà Mista. Questo implicherebbe la produzione di spazi virtuali all’interno di ambienti reali con la presenza fisica sia di umani che di avatar.

Un approccio che lascia ampio spazio all’immaginazione ed evidenzia chiaramente che forme espressive come la scenografia, l’architettura, il design, le performance ed il teatro possono avere un ruolo fondamentale nella scrittura e nella realizzazione di questi spazi ibridi all’interno di gallerie d’arte e musei.

La scelta dei dispositivi e delle forme di rappresentazione giocano un ruolo cruciale.

Facendo riferimento ad esperienze passate possiamo dire che siano stati condotti parecchi esperimenti nel collegare spazi reali e virtuali all’interno di manifestazioni culturali: i cosiddetti eventi “crossover” (o “phygital”) che coinvolgono ambienti metaverse (con la presenza di avatar) trasmessi “live” su maxischermi.

Altri esperimenti, più immersivi ed artisticamente credibili, coinvolgono l’uso di visori VR. In queste esperienze artistiche collettive lo stesso spazio virtuale viene condiviso da più soggetti presenti fisicamente nello stesso luogo.

Un tipo di sperimentazione simile, ma che potrebbe coinvolgere platee più ampie, riguarda l’utilizzo delle “sale immersive”. Questa tecnica prevede la proiezione live di spazi metaverse a 360° sulle pareti di una room adeguata, permettendo agli spettatori di vivere esperienze immersive direttamente e senza l’uso di visori.

Dal punto di vista creativo e performativo ritengo che gli ambienti più adatti per realizzare un tipo di ibridazione credibile siano quelli legati alla realtà mista (MR), in cui è possibile, mediante l’utilizzo di visori XR, vivere esperienze in cui spazi ed oggetti virtuali vengono integrati in modo estensibile in ambienti reali. Ciò rende l’esperienza dello spettatore naturalmente immersa nello spazio ibrido. Inoltre attraverso l’uso di strumenti integrati potrebbe essere possibile realizzare esperienze fluide mediante l’utilizzo di sistemi algoritmici e con l’ausilio di strumenti di intelligenza artificiale generativa.

L’arte Generativa in XR rappresenta l’apice dell’evoluzione creativa nell’era digitale, dove la creatività trascende i confini del palpabile e si immerge nel dominio della realtà estesa, un incontro tra il mondo fisico e quello virtuale. In questo regno l’arte non è solo rappresentazione o espressione ma esperienza immersiva. L’artista non si limita a definire forme e colori ma concepisce un sistema che può manifestarsi come un algoritmo, una procedura o un insieme di regole e che dà origine ad opere interattive in realtà virtuale, aumentata o mista (XR)”.

Dario Buratti

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