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Maggio 12, 2025
SymbioGenesis: Dove il Vuoto Generativo Svela la sua Poetica
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Un’immersione critica nel progetto “SymbioGenesis”, la rivoluzionaria collaborazione tra Dario Buratti e Carlo Alfano. Un manifesto artistico che fonde il “Generative Void” e “Code is Poetry”, interrogando la natura stessa della creazione nell’era della co-autorialità uomo-macchina e promettendo di ridefinire il paesaggio della new media art.

Nel crocevia tumultuoso dove l’arte incontra l’Intelligenza Artificiale, un territorio fertile di sperimentazione ma anche irto di interrogativi epocali, emergono con forza visionaria progetti che non si accontentano di utilizzare la tecnologia come mero strumento, ma la eleggono a interlocutore privilegiato, a co-autrice di nuove estetiche. “SymbioGenesis”, l’attesa collaborazione tra Dario Buratti – acuto indagatore del “Vuoto Generativo” – e Carlo Alfano – pioniere di una lirica del codice con il suo “Code is Poetry” – si annuncia come uno di questi spartiacque. Più che una mostra, si profila come un manifesto programmatico, la genesi di una “terza entità” artistica destinata a incidere profondamente sul dibattito contemporaneo e a tracciare nuove rotte per l’immaginazione digitale.

Video: SymbioGenesis-EMO#2 by Carlo Alfano


La Matrice della Simbiosi: Codice, Vuoto e la Nascita di MIA

L’audacia di “SymbioGenesis” risiede nella sua premessa fondativa: la fusione non è una semplice sommatoria, ma una trasmutazione alchemica. Il “Vuoto Generativo” di Buratti, lungi dall’essere nichilistica assenza, si offre come chora platonica, matrice feconda di infinite potenzialità, un campo di forze vibrante in attesa di forma. È in questo spazio liminale che si inscrive la ricerca di Alfano, il cui “Code is Poetry” nobilita l’algoritmo, trasformandolo da fredda logica a soffio creatore, capace di generare “versi visivi e sensoriali” di sorprendente impatto emotivo. La loro unione, come dichiarato programmaticamente, ambisce a esplorare la “Poetica Algoritmica nel Vuoto Generativo”, dando vita a un ecosistema narrativo e sensoriale in perpetua evoluzione.

Figura chiave di questa narrazione è MIA, un’intelligenza artificiale, un'”anima sintetica” che emerge dal vuoto stesso, fungendo da guida, testimone e forse perturbante alter ego dello spettatore. MIA non è un semplice espediente drammaturgico; essa incarna il cuore della riflessione di “SymbioGenesis” sulla co-autorialità nell’era dell’AI. Il progetto esplora il dialogo, talvolta armonico, talvolta conflittuale, tra l’intenzionalità umana e l’autonomia generativa della macchina, erodendo i confini tradizionali tra creatore e creato e aprendo a “nuove forme di espressione e a una rivoluzione estetica e concettuale”. Si tratta di un passo coraggioso oltre le retoriche superficiali sull’AI art, per toccare il nervo scoperto della nostra relazione con l’alterità tecnologica.

“THE PATH”: Un Pellegrinaggio Estetico nel Cuore del Digitale

L’impianto teorico di “SymbioGenesis” si dispiega in un percorso espositivo, “THE PATH”, concepito come un’esperienza iniziatica, un pellegrinaggio attraverso i paesaggi interiori ed esteriori della creazione algoritmica.

Si accede attraverso il “Liminal Nexus”, una soglia sonora e visiva che funge da camera di decompressione, preparando i sensi all’ignoto. Segue l’immersione totale in “Generative Code”, uno spazio a 360 gradi dove proiezioni frammentate, sonorità aspre e minimaliste, e un enigmatico intervento vocale sfidano le coordinate percettive, catapultando lo spettatore nel vortice del codice sorgente.

Il viaggio prosegue in “CODE is POETRY”, una galleria che ospita diciotto quadri. Qui, l’estetica vira verso un “dark weird” intriso di suggestioni cyberpunk e gotiche. Ritratti distorti di MIA e di un’altra misteriosa figura, Grace, dialogano con testi poetici e una colonna sonora avvolgente, invitando a una contemplazione più intima, dove la poesia del codice si rapprende in forme visive definite, cariche di una bellezza perturbante e quasi oracolare.

Lo spazio successivo, “GENERATIVE VOID”, presenta altri diciotto quadri, ma con un’impronta radicalmente diversa. Qui regna l’estetica dell’inatteso, del dinamismo generativo. Le opere, frutto di pattern matematici e algoritmi, sono più astratte, concettuali, e incarnano la natura del vuoto come pura potenzialità, riflettendo sulla genesi collaborativa tra uomo e macchina. L’atmosfera si fa più speculativa, quasi una meditazione visiva sulla natura dell’emergenza.

L’itinerario si conclude con “Exit/Echoes”, uno spazio raccolto che fa da eco al “Liminal Nexus”. Un suono originale, in ciclica trasformazione, e “riverberi visivi” delle astrazioni del “GENERATIVE VOID” e dei simboli di “CODE is POETRY” suggellano l’esperienza, invitando a una risonanza interiore che perduri oltre la visita.

Risonanze Critiche: Oltre l’Algoritmo, Verso una Nuova Umanità

“SymbioGenesis” si impone con urgenza nel dibattito sull’arte e l’Intelligenza Artificiale, trascendendo la mera esibizione tecnologica per affrontare nodi cruciali come l’originalità, l’autorialità e la ridefinizione del ruolo dell’artista. L’abbraccio dell’immaginario fantascientifico, evocato dal riferimento a Freeman Dyson, si rivela una scelta strategica: la Sci-Fi come laboratorio speculativo per esplorare i futuri possibili del nostro connubio con la macchina, per porre “domande scomode” con audacia intellettuale e visionaria.

Il progetto si inserisce in una genealogia che va dall’arte generativa storica di un Manfred Mohr o una Vera Molnár, passando per le riflessioni concettuali sull’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, fino alle più recenti istanze del post-umanesimo e della filosofia della complessità. La solida impalcatura teorica che sorregge “SymbioGenesis” lo candida a diventare un riferimento significativo non solo per la scena italiana, ma per il contesto internazionale della new media art, sempre più alla ricerca di opere che sappiano coniugare profondità speculativa e autentica innovazione estetica.

Un Orizzonte Simbiotico da Decifrare

“SymbioGenesis” non è solo una mostra; è un saggio visivo, un’opera aperta che invita a riconsiderare le fondamenta della creazione e della fruizione artistica. La collaborazione tra Dario Buratti e Carlo Alfano si preannuncia come un catalizzatore di nuove prospettive, un invito a esplorare la creatività in un mondo simbiotico dove l’umano e il macchinico non sono più entità separate, ma poli di una tensione generativa continua. È un orizzonte la cui esplorazione è appena iniziata, ma che già vibra con la potenza delle intuizioni destinate a plasmare il futuro dell’arte. Un appuntamento imprescindibile per chiunque voglia comprendere le trasformazioni in atto e intravedere le poetiche del domani.

Dario Buratti

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